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Cromatografia degli inchiostri
Questo articolo propone una semplice tecnica per effettuare una 'analisi chimica casalinga' degli
inchiostri comunemente utilizzati nelle stampanti a getto di inchiostro; uso il termine 'casalinga'
in quanto l'esperienza può essere svolta utilizzando oggetti comunemente disponibili in casa.
La lettura del risultato ottenuto con questo esame richiede una esperienza specifica in quanto
non si ottengono dati quantitativi oggettivi come quelli forniti da tecniche di analisi moderne
ma strisce di colore da interpretare.
Nel nostro caso i risultati possono tuttalpiù essere impiegati per stimare la similitudine tra differenti
inchiostri, tra marche differenti oppure tra originale e compatibile per uno stesso modello di stampante.
Si può anche studiare la differenza tra un inchiostro per ink-jet, per penna stilografica, per penna biro ecc.
Si può anche immaginare di condurre una 'mini indagine forense' per determinare se un testo è stato
stampato con un certo modello di stampante ink-jet confrontando le cromatografie ottenute da un campione
di testo stampato con le analisi di diverse marche di inchiostri.
Con un po' di spirito hacker e nessuna spesa è possibile stimolare la propria passione per la chimica con
una serie di semplici ma interessanti esperimenti.
Un inchiostro è costituito da una miscela di differenti composti chimici con varie funzioni:
coloranti, pigmenti, collanti, tensioattivi, solventi ecc che nel complesso danno le caratteristiche
richieste di colore, stabilità e compatibilità con il supporto su cui avviene la stampa.
La 'cromatografia' è una tecnica di analisi, o meglio di separazione, in cui si sfrutta la differente
affinità dei componenti per un solvente (detto 'fase mobile') che scorre su un mezzo di supporto
immobile ('fase stazionaria'). I componenti più affini alla fase mobile vengono trascinati da
essa (eluiti), mentre quelli più affini alla fase stazionaria rimangono fermi, mentre per affinità
intermedie si ottiene un trascinamento proporzionalmente veloce.
In questo articolo è utilizzata la 'cromatografia su strato sottile', specificamente
'cromatografia su carta', in cui la fase stazionaria è costituita da un foglio di carta.
Principale limite di questa tecnica è il fatto che i componenti separati, per essere rilevabili
devono essere visibili, ovvero colorati o almeno evidenziabili con luce ultravioletta oppure reagenti
che danno origine a prodotti colorati o altri mezzi ancora. Come solvente si utilizza una soluzione
di normale acqua ed alcool, che è adeguatamente compatibile con gli
inchiostri ink-jet.
La cromatografia su carta po' essere ascendente oppure discendente, a seconda che il solvente
debba risalire verticalmente lungo la carta oppure scendere attraverso di essa a partire da un
serbatoio superiore. Useremo la metodologia ascendente in quanto di più elementare realizzazione.
Il materiale occorrente è:
Per prima cosa si taglia un rettangolo di carta largo quanto il diametro interno del barattolo e alto un po' meno dell'altezza del barattolo, in modo che possa stare in verticale all'interno. È consigliabile lasciare il foglio un po' più largo in modo che una volta introdotto nel barattolo si fletta; in questo modo tenderà a rimanere verticale anche bagnato. Le superfici del foglio (anteriore e posteriore) non devono toccare il vetro.
Si depone a circa 2 centimetri dal fondo del foglio una piccola goccia del campione da analizzare e lo si lascia asciugare. Se la larghezza del foglio lo permette si possono affiancare più campioni mantenendo una distanza di un paio di centimetri tra di essi per evitare sovrapposizioni dei risultati. Con una matita (non una biro il cui inchiostro verrebbe eluito!) è possibile contrassegnare ogni campione per distinguerlo dagli altri.
Come solvente si utilizza una miscela di acqua e alcool etilico. Il rapporto tra acqua e alcool
ottimale deve essere individuato sperimentalmente. Utilizzando solamente acqua il trascinamento
dei componenti dell'inchiostro risulta lento e insufficiente, con troppo alcool i composti sono
trascinati troppo velocemente e si accumulano nel fronte di salita del solvente e quindi alla
sommità del foglio.
In questa prova ho utilizzato una miscela di parti uguali (50%) di acqua e alcool 95°.
Si versa sul fondo del barattolo il solvente fino ad un livello di circa mezzo centimetro,
quindi si introduce la carta nel barattolo in modo che il lato con i campioni poggi nel solvente
che non deve raggiungere le macchie.
Si chiude ermeticamente il vasetto con il coperchio e si attende che il solvente risalga per capillarità fino a bagnare tutto il foglio. A seconda del tipo di carta, del solvente e della temperatura questa fase può durare da pochi minuti a oltre un'ora. È bene che il barattolo sia chiuso ermeticamente in modo che l'atmosfera interna del barattolo si saturi del vapore del solvente impedendo così l'evaporazione del solvente dalla carta.
Al termine si estrae il foglio dal barattolo e lo si lascia asciugare.
Al termine dell'esperimento si dovrebbe ottenere un risultato simile a quello in figura, definito 'cromatogramma'.
In questa prova sono stati utilizzati tre inchiostri neri, uno originale prelevato
da una cartuccia (1), e due compatibili per refill, uno di prezzo medio (2) ed uno
più economico (3).
Si può osservare che il primo inchiostro contiene una pigmentazione omogenea nera,
mentre il secondo presenta un componente giallo ed un pigmento nero poco solubile,
mentre il terzo sembra costituito da una miscela di pigmenti di differente colore particolarmente
affini al solvente.
Se ne può concludere che una stampa realizzata con il primo o il secondo inchiostro sarà più resistente
all'acqua, in quanto i pigmenti si diffondono in misura minore e non si scompongono a formare aloni colorati,
mentre il terzo è molto più instabile.
Come ulteriore approfondimento si può evidenziare la fluorescenza ai raggi ultravioletti
di alcuni composti presenti nell'inchiostro. Per questo è necessaria una lampada di Wood,
che può facilmente essere ottenuta comprando un verificatore di banconote a fluorescenza,
di quelli in cui è presente un tubo fluorescente che quando acceso mostra un debole bagliore blu-viola.
In questo campione alla luce di Wood si osserva una fluorescenza arancione nella parte superiore
del numero 3.
Si deve tenere presente che possono esistere composti anche al di sopra di dove si vede la 'macchia',
semplicemente non si vedono perché sono incolori. Per questo motivo si utilizzano tecniche che
permettono di rendere visibili alcuni composti che non lo sono. Le tecniche adatte variano in funzione
del composto bersaglio che ci si aspetta di trovare in base all'esperienza. Si va dalla già accennata
luce di Wood alla carbonizzazione nel caso di composti organici mettendo la striscia in forno,
al trattamento con appositi reagenti.
La cromatografia rappresenta anche una tecnica di separazione iniziale per una analisi
più approfondita. Si possono infatti ritagliare piccoli campioni di carta dal cromatogramma e sottoporli
ad altre analisi per determinare i composti presenti in quella precisa zona.
Ver. 1.0 - marzo 2007